Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi 20 anni il ruolo e le funzioni del pubblico ministero sono stati spesso oggetto di riforme e di dibattito in vari paesi democratici (Inghilterra, Francia, Olanda), nonché di autorevoli raccomandazioni da parte di organismi sopranazionali come l'Unione europea, il Consiglio d'Europa, i Congressi delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine.
Un tale interesse si giustifica:
a) a causa del ruolo cruciale che la magistratura requirente svolge nella repressione della criminalità. Il ruolo dei pubblici ministeri ha acquisito un'importanza via via maggiore per effetto della crescente complessità, pericolosità e diffusione che i fenomeni criminali di livello locale, nazionale ed internazionale hanno assunto in tutti i Paesi negli ultimi decenni;
b) a causa delle devastanti conseguenze che un uso indebito, improprio o partigiano dell'iniziativa penale può avere sulla protezione dei diritti civili, sulla salvaguardia dello status sociale, economico, familiare e politico dei cittadini.
Le soluzioni istituzionali e operative che vengono adottate negli altri Paesi a consolidata tradizione democratica per soddisfare le complesse esigenze funzionali che si collegano al ruolo del pubblico
i pubblici ministeri hanno acquisito progressivamente il pieno controllo sulla polizia giudiziaria nel corso dell'intera fase delle indagini;
nel corso degli ultimi 25 anni l'azione penale è via via divenuta un attributo più del singolo magistrato che dell'ufficio cui questi appartiene, a dispetto del fatto che i poteri gerarchici siano formalmente attribuiti al capo dell'ufficio.
Nella sostanza l'obbligatorietà dell'azione penale formalmente e definitivamente trasforma qualsiasi atto discrezionale del pubblico ministero in un «atto dovuto». L'analisi delle decisioni che vengono prese nella gestione del personale togato e persino nella giurisprudenza ordinaria rivelano ulteriori aspetti della discrezionalità dei magistrati inquirenti. L'elenco dei casi specifici che dimostrano questo concetto, e che sono venuti alla luce accidentalmente, sarebbe lungo. Il fatto, poi, che questi comportamenti non vengano sanzionati significa che nel nostro sistema quei comportamenti sono pienamente legittimi. Di ciò occorre tenere conto non solo nel ridisegnare il ruolo del pubblico ministero ma anche nel rivedere le caratteristiche del procedimento disciplinare.
Date queste condizioni non deve sorprendere che la piena ed irresponsabile indipendenza dei pubblici ministeri sia sfociata in un uso dei loro amplissimi poteri discrezionali che si differenzia da caso a caso, in base ad orientamenti, preferenze o ambizioni personali.
Sembra giunto, quindi, il momento di razionalizzare e coordinare l'attività del pubblico ministero, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticista dell'obbligatorietà dell'azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività (per dirla con Giovanni Falcone, in Interventi e proposte, 1994).
Paradossalmente, pertanto, proprio l'obbligatorietà dell'azione penale che era stata voluta dal nostro costituente per
a) i criteri di priorità già indicati dall'articolo 227 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;
b) le indicazioni contenute nella raccomandazione del Consiglio d'Europa del 1987 (n. R87-18): la personalità dell'indagato, la solidità degli elementi di prova ai fini della condanna, gli effetti della condanna sull'indagato e l'interesse della persona offesa.
La presente proposta di legge costituzionale ha l'obiettivo di raggiungere questi scopi e indica le linee direttrici da seguire.